La vita può essere amara più del veleno, quando i sogni spariscono e lasciano il posto agli incubi. Sin dalle prime pagine di questo libro, si sente il peso di una disillusione densa come il petrolio. L’unica via di fuga sembra essere l’ebrezza, la fuga da una realtà soffocante, arida, sterile, in cui tutto sembra andare sempre per il peggio.
L’autore ci costringe ad assistere agli incubi deliranti del protagonista senza distogliere lo sguardo. La narrazione in prima persona ci obbliga ad entrare in empatia con il protagonista, vedremo la sua immaginazione prendere vita e mescolarsi alla realtà, resteremo frastornati ed esterrefatti, ci terranno con il fiato sospeso a boccheggiare sul ciglio dell’abisso.
La mano che si estende verso il protagonista, per tirarlo fuori dal petrolio, appartiene a Gaja. Donna dal fascino ipnotico, così perfetta che lui non riesce a credere che lo abbia scelto davvero. Percepiamo adesso una nuova necessità: quella di trovare un amore che porti pace e limpidezza, che rapisca dalla dipendenza e renda liberi.
L’abisso però ha lunga memoria e non dimentica chi stava per essere ghermito dal suo abbraccio mortale. Da un momento all’altro tutto si offusca di nuovo, e il sogno costruito con fatica crolla, si distrugge. Restano soltanto frammenti, le schegge di un sogno infranto.